Per ricordare il Maestro Ettore Scola, scomparso ieri ad 84 anni, un tema attualissimo ed un grande capolavoro, Una Giornata Particolare, del 1977, con Sofia Loren e Marcello Mastroianni. Il film è stato recentemente restaurato e presentato anche alla Biennale di Venezia.
La giornata particolare è quel 6 maggio 1938 che vede tutta Roma in festa per l’incontro tra due dittatori, Hitler e Mussolini. Roma è vuota, pronta alla parata ufficiale. Nel momento di pieno consenso ad un regime che di lì a poco avrebbe portato il Paese alla catastrofe, i caseggiati e le case popolari di Roma si svuotano come formicai per l’adunata; tutti rispondono entusiasti alla chiamata e corrono ai Fori imperiali per vedere passare Hitler. Anche il condominio della periferia romana dove vivono Antonietta e Gabriele (Loren/Mastroianni) si svuota, ma loro due restano a casa, lontano dai clamori, dal vociare, dalla festa in strada.
Per motivi e ragioni diverse, nessuno dei due può o ha voglia di assistere all’apoteosi del nazismo. Antonietta è una donna dimessa e trascurata, una casalinga stanca, figlia del mito machista del fascismo, tutta figli e focolare domestico, senza attenzioni, senza amore. La fortuita fuga del suo merlo dalla gabbietta, la spinge ad uscire dal sicuro rifugio domestico per avventurarsi all’interno del grande caseggiato, dove bussa alla porta del suo dirimpettaio per recuperare il volatile. Così avviene l’incontro con il riservato Gabriele (Mastroianni) ed ha inizio una “giornata particolare” per entrambi, fatta di approccio difficile all’inizio, di timide confidenze e di rivelazioni di sogni e speranze mai espresse.
Lei incarna la donna depressa, sola, una Loren profonda ed intensa. Lui è omosessuale, licenziato dall’EIAR, dove lavora come speaker, perché affetto dal “vizio abominevole” e per questo condannato al confino in un remoto angolo della Sardegna. Il fascismo cacciava via gli omosessuali.
Fra i due, dopo un primo momento di reciproca diffidenza, nasce questo delicato affetto spontaneo e inconsueto, capace di colmare le loro differenti solitudini anche solo per un giorno. Un giorno che vale l’intera vita di entrambi. Antonietta e Gabriele condividono la stessa oppressione, figlia della “virilità fascista” che da un lato disprezza, anzi nega l’omosessualità, dall’altro severamente la punisce; così come determina il destino delle mogli-madri, sottomesse all’uomo “macho”, consenzienti che i mariti sfoghino la loro “maschia gioventù” nei bordelli, piuttosto che essere abbandonate per un’amante fissa.
La delicatezza di Scola nell’affrontare un tema così attuale ed importante, la raffinata eleganza nel descrivere l’omosessualità rende questo capolavoro un manifesto di cultura e di eternità. Gabriele è disperato e medita di uccidersi e l’arrivo di Antonietta lo salva dal proposito di suicidio. Antonietta-Loren rimane affascinata da quest’uomo garbato e gentile, comprensivo, disponibile, perfino estroso, bizzarro. Indimenticabile è la scena della terrazza, dove lui aiuta a piegare le lenzuola di lei, vivendo attimi di autentico sentimento.
All’inizio della loro amicizia sembrano completamente incompatibili, intellettuale e critico lui, ignorante e ingenua lei. Ma qualcosa di magico li unirà per sempre, fino alla fine di questa giornata in cui Gabriele-Mastroianni viene portato via ed accompagnato al confino: l’umanità e la reciproca empatia, il bisogno di rifiutare un destino ormai segnato, soprattutto la consapevolezza di lei che decide di vivere una vita libera e non sottomettersi più ad un marito padrone ed ad una società che la rende “schiava”. La scena finale in cui la Loren legge i Tre Moschettieri, da sola in cucina, disubbidendo al marito che la chiama dalla camera da letto.
Scola dirige con maestria ed eleganza un film che resterà nei decenni ancora a venire, descrive magistralmente lo smarrimento dei due; nei volti dei due grandi attori tutta l’emozione e l’intensità di una vita non voluta, l’estraneità ad un sistema che li rifiuta, tutta la sofferenza dei loro occhi segnati dal dolore per una società che non li vuole ma che cerca di assorbirli, muti, rassegnati. Un’intolleranza da respingere completamente, nella frase finale di Gabriele “Finisce sempre che ci adeguiamo alla mentalità degli altri, anche quando è sbagliata”.
Un capolavoro cinematografico, dove la comprensione ha il sopravvento.
di Alessandra Paparelli
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