Le Unioni Civili, di cui si è dibattuto molto in queste ultime ore e giorni, legate al DDL per la battaglia sui i diritti civili, perché venga riconosciuto uno status giuridico. L’amore omosessuale, il diritto di amare liberamente, il diritto di “esserci” e di esistere. Sono argomenti importanti, affrontati anche al cinema.
Parliamo oggi proprio di un legato alla delicatezza ed alla verità sull’amore, sulla passione e sulla coppia omosessuale. Un film che parla d’amore.
Le Fate Ignoranti, di Ferzan Ozpetek , del 2000, con Margherita Buy e Stefano Accorsi, intensi interpreti e protagonisti della pellicola. Antonia e Massimo sono sposati da 15 anni, conducono una vita normale, apparentemente “perfetta”, abitudinaria, come centinaia di migliaia di coppie. Un giorno però Michele ha un incidente d’auto e muore. Sconvolta, in pieno panico e depressione, Antonia trova in casa gli oggetti personali che, in una pausa dalle tante lacrime versate, ritira presso l’ufficio dove Massimo lavorava. Antonia scopre un quadro con una dedica speciale, esplicita, che la pone sulle tracce di un’amante misteriosa, della quale naturalmente la giovane donna ignorava l’esistenza.
Le ricerche che Antonia conduce, la porteranno a scoprire una realtà lontanissima da ogni immaginazione, una realtà parallela che Massimo viveva da tempo in perfetta clandestinità e che lo vedeva legato a Michele, da sette anni, come amante. La fata romantica incontra la Fata arrogante , con tutto il suo mondo, una famiglia allargata, originale, brillante comunità di omosessuali cui Michele appartiene: una vera e propria famiglia allargata che abita in una mansarda di un edificio popolare al centro di uno dei quartieri più caratteristici ed originali della Roma contemporanea: l’Ostiense. Uno scorcio moderno di una Roma insospettabile.
Questo la obbligherà a guardare fuori dei soliti binari e schemi prestabiliti; faticherà a “guardare”, a scavare dentro se stessa, ad osservare dove non aveva osservato, a capire dove non aveva capito. L’incontro con Michele la obbligherà a gettare la maschera borghese di perbenismo.
La verità è necessaria? Il regista Ozpetek risponde di sì. Tutto, dunque, si trasforma in una splendida e delicata allegoria, in un malinconico canto di sirene, il “canto” degli amanti e delle amanti non ufficiali, all’ombra delle “spose” ufficiali. Il ridente esercizio di seduzione dell’inizio del film, giocando con quelli che saranno i temi portanti, come la maschera e il volto, il segreto nascosto, la finzione, e quindi la recitazione, come arte del vivere, avranno una parabola culminante ed una fine con la conclusione di un percorso intimo importante, una conclusione nel comprendere. Un doloroso addio, un cerchio che si chiude. L’amore, universale, ammaliante, vero, sincero, che non ha pregiudizi. Un percorso esistenziale doloroso e profondo, culminante nella conoscenza, nella condivisione. I sentimenti negati e gli amori che non riescono a sbocciare, un delicatissimo quanto splendido percorso sull’amore e sulla conoscenza.
Perchè l’amore non ha sesso. E’ “sentire”, ciò che conta.
Non aggiungo nulla di più se non una citazione di particolare pregio e poesia :”di per se stessa, l’omosessualità è limitante quanto l’eterosessualità: l’ideale sarebbe essere capaci di amare una donna o un uomo; indifferentemente, un essere umano, senza provare paura, limiti, od obblighi.”
(Simone De Beauvoir)
di Alessandra Paparelli
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