USA, perché il virus uccide più tra le minoranze etniche che tra i bianchi

Gli Stati Uniti sono ormai il Paese al mondo con il maggior numero di deceduti dovuti al contagio da Covid-19, ovvero già più di 23.000 su un totale di circa 580.000 positivi. Scavando più a fondo all’interno di questi dati, si possono trarre delle significative indicazioni riguardanti la distribuzione dei decessi dal punto di vista etnico, fattore che in una società estremamente multirazziale come quella americana, può fornire degli spunti interessanti per comprendere meglio le differenze e le diseguaglianze sociali, economiche e di opportunità, che sussistono tra le varie fasce della popolazione statunitense.

Entrando nel merito delle percentuali e prendendo in considerazione diverse aree della nazione, le proporzione appaiono alquanto impressionanti. A Chicago, per esempio, nonostante gli afroamericani rappresentino il 30% della popolazione, incidono per il 70% sui decessi totali dovuti al Coronavirus nella città. In Michigan, dove i neri sono solamente il 14%, l’incidenza è comunque del 40% del totale delle vittime. Spostandosi negli Stati del Sud la situazione non cambia poi tanto: in Alabama i deceduti per l’epidemia sono afroamericani nel 50% dei casi, in Louisiana per il 70%.

Discorso a parte va fatto per New York. La Grande Mela, oltre ad essere la città più colpita dal virus, è anche una di quelle dove sono molto evidenti le differenze sociali tra i vari gruppi etnici. In territorio newyorkese, i neri e gli ispanici morti a causa del virus rappresentano una percentuale almeno quattro volte superiore rispetto ai bianchi.

Le cause dello squilibrio di questi numeri, come è stato dimostrato dalla scienza, non sono dovute alle differenze genetiche tra i vari gruppi razziali. Ecco perché invece, a giocare un ruolo fondamentale sono, in questo contesto, le diverse condizioni sociali ed economiche in cui vivono tali popolazioni e, quindi, le diverse risorse ed armi che hanno per affrontare l’epidemia, soprattutto per ciò che riguarda la possibilità di curarsi nel migliore dei modi.

Il sistema americano infatti, prevede che sia garantito di ricevere determinate cure ospedaliere solamente a chi possiede un certo tipo di assicurazione sanitaria, in grado di coprire le spese mediche da sostenere. Per questo, le minoranze etniche del Paese, formate in buona parte da famiglie appartenenti alle classi sociali meno abbienti, risentono fortemente di una situazione che li vede essere messi al secondo posto, ancor di più durante un’emergenza di questo tipo, dove le strutture sanitarie nazionali sono costrette a fronteggiare un affollamento che è probabilmente senza precedenti.

Un altro fattore che può essere stato rilevante è quello riguardante la situazione occupazionale. Afroamericani, ispanici e membri di altre etnie, svolgono lavori manuali in misura decisamente maggiore rispetto agli individui appartenenti alla popolazione bianca. Chiaramente è venuta perciò a mancare, per questo tipo di dipendenti, la possibilità di svolgere le proprie mansioni in smart working da casa, con la conseguenza di dover continuare a ricorrere all’utilizzo dei mezzi pubblici e alla frequentazione di luoghi di lavoro, aumentando così il rischio di essere contagiati.

Non c’è quindi da stupirsi, se è a New York è stato osservato che il maggior numero di casi di positività si trova nei quartieri del Bronx e del Queens, ovvero due delle aree della città dove vivono le famiglie dei ceti sociali più umili, e dove, per di più, i test vengono effettuati in quantità decisamente minore in confronto a quanto avviene in altre zone.

Nella foto, The Hub, Bronx. Fonte: andareinamerica.it

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