L’elogio di San Pietro Crisologo, “quello dalla parola d’oro” sulla natività di Cristo in “utero” è un dipinto vibrante di verità teologiche, intrecciato con la sacralità della nascita di Cristo. Egli solleva il velo della natura mistica e ci invita a scrutare il mistero del parto verginale con occhi ispirati dalla fede
Il censimento e il parto verginale in “utero”
Rivelando la sacra culla della natività di Cristo, San Pietro Crisologo ci conduce in un viaggio oltre il tempo e lo spazio, nell’intimo dell’anomalo parto verginale di Maria in “utero”: un mistero nel mistero. Per farlo, utilizza alcuni dei suoi elevatissimi sermoni. Ma andiamo per ordine.
Nel Vangelo di Luca (2,1-7) si legge «in quei giorni uscì un editto di Cesare Augusto che ordinava il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirino era governatore della Siria. Tutti andavano a dare il loro nome, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe dalla Galilea, dalla città di Nazaret, salì nella Giudea, alla città di Davide, che si chiamava Betlemme, perché egli era della casa e della famiglia di Davide, per dare il suo nome con Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano là, giunse per lei il tempo di partorire e diede alla luce il suo figlio primogenito. Lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto all’albergo».
E qui inizia il primo evento straordinario: un duplice censimento. Se quello di Cesare era infatti un censimento terreno, Dio, nello stesso momento, metteva in atto un censimento divino, una registrazione dell’anima umana per accogliere l’immagine di Dio in ogni uomo, come Cesare vedeva la propria immagine nella moneta.
«Viene censita la terra affinché l’immagine del re sia impressa sulla moneta e l’immagine di Dio sia riprodotta nell’uomo», spiega il Crisologo. «Dunque, il tributo si deve al Cesare il censimento della terra si deve a Dio».
Da qui la celebre frase attribuita a Gesù nei vangeli sinottici “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”. Cristo cioè, chiude il ciclo della terra, inizia un nuovo ciclo nell’utero per rinnovare l’uomo. Nasce per offrire la rigenerazione, per unire il divino con l’umano, per trasformare l’uomo nella stirpe divina.
Il suo è «il primo censimento nel mistero, non nel tempo; primo nel merito ma non nell’ordine, nella fede» continua il Crisologo.
Qui, richiama il censimento di Cesare come metafora, evidenziando che il vero censimento non è sulla terra, ma nell’anima umana, dove l’immagine divina è impressa. Questo non è un censo terreno, temporale, ma un risveglio spirituale, un richiamo alla divinità dentro di noi.
Il paradosso del bambinello
Fin da subito, appare evidente che ci troviamo di fronte a un re della terra, Cesare, emblema della forza e del potere e al Signore creatore del mondo, che nasce in povertà. Quale mistero si nasconde dietro a questa apparente contraddizione?
Il mistero si svela nel paradosso stesso. Nel silenzio dei giorni del parto, la Madonna avvolge Gesù in fasce nella mangiatoia, un gesto apparentemente umile, ma che incarna la verità cristiana più profonda: il Creatore degli uomini e dei tempi diventa il Primogenito degli uomini. Toccando un lirismo elevatissimo, il Crisologo dice «Colui che chiude la terra è chiuso nell’utero, nasce il Creatore della Natura . Il creatore degli uomini e dei tempi diventa il primogenito degli uomini. Il tesoro del cielo è coperto dalla povertà delle fasce. Colui che scaglia i fulmini fa risuonare il vagito dell’infanzia. Giace in una mangiatoia colui cui è soggetta ogni creatura.
Uomo, non comprendi chi ti persegue? Il Cristo entra nell’utero per riformarti con l’utero. Nasce per farti rinascere all’immortalità. Diventa primogenito per farti partecipe della stirpe divina.
Il Tesoro del cielo si nasconde nella povertà delle fasce, il Potente si rivela nella fragilità dell’infanzia.
Il Re del cielo si nasconde nella povertà, il Creatore diventa Creatura. Il regnante dei tempi e degli uomini scende nell’umile giaciglio della mangiatoia. Il suo pianto infantile è il suono del tuono, il suo respiro segna la rinascita dell’umanità».
Nel grembo della Vergine, la chiave dell’eternità
San Pietro Crisologo, con la sua eloquenza profonda e ispirata, ci conduce alla sacra culla di quella nascita unica, sottolineando il riconoscimento del significato profondo dietro il parto verginale, un evento straordinario che ha segnato un punto di svolta nella storia dell’umanità, che ha sconvolto e risvegliato l’animo umano dall’ignoranza alla consapevolezza della divinità che risiede in ognuno di noi.
La venuta di Cristo non solo segna la nascita di un bambino, ma il risveglio dell’umanità verso la possibilità di un’immortalità spirituale.
L’infanzia di Cristo è un ponte tra il divino e il terreno, una promessa di rinascita e redenzione. L’immortalità si annida nell’utero, il divino si riveste di umanità per innalzare l’uomo al divino. Così, l’incarnazione diventa l’essenza della redenzione, la nascita diventa la portatrice di speranza, e l’umile mangiatoia diventa il segno dell’infinito amore di Dio per l’umanità.
«Quando esaminiamo il lungo il parto verginale e il mistero della nascita di Cristo, finalmente abbiamo meritato di giungere alla sacra culla della sua natività», declama il vescovo.
Per farlo tuttavia usa delle parole forti, come “utero”. Perché?
L’utero: una provocazione?
In realtà, dietro la forza del termine “utero”, si nasconde la base, la stessa verità della fede cristiana.
Riprendiamo la frase, «Colui che chiude la terra è chiuso nell’utero, nasce il Creatore della Natura…» ed esaminiamo due punti salienti.
Il Bambino, nato nella mangiatoia, avvolto in fasce, è il Creatore del mondo, ma si umilia nella carne umana, nell’utero, come tutte le creature terrene, offrendo una prospettiva di redenzione. Crisologo sottolinea insomma il suo ruolo di “riformatore” della natura umana, in grado di rigenerare quella corrotta dal peccato originale. Esalta la natura divino-umana di Gesù, sottolineando come sia nato non per se stesso, ma per noi, per la nostra elevazione. E ancora «Il creatore degli uomini e dei tempi diventa il primogenito degli uomini».
Il suo essere già presente prima dell’umanità è un concetto profondo, un richiamo all’eternità della sua esistenza.
Quanto al parto in utero, il Crisologo sottolinea la magnificenza e l’ineffabilità del mistero della vergine gestazione, richiamando l’annunciazione e la potenza divina che opera attraverso l’opera dello Spirito Santo.
L’uso della parola “utero” è rivoluzionario, sfida le concezioni gnostiche e mette in evidenza l’incarnazione divina attraverso Maria.
Nella chiesa dell’epoca c’era la tendenza gnostica di percepire Dio come un essere disincantato, lontano, etereo. Perché scandalizzarsi nel dire che Dio è venuto fuori dall’utero? Tuonava il Crisologo.
Ebbene, parlando di utero, voleva essere chiaro.
Rehem: utero e misericordia
Utile precisare che in ebraico, al parola rehem, al plurale rahamîm, era utilizzata sia per indicare l’utero sia la misericordia. Dio è nato bambino perché un atto di misericordia. Dio si è fatto come noi per farci come lui per sanare la nostra natura, per santificarla, elevarla, divinizzarla e lo ha fatto per Grazia e non perché lo meritiamo. Qual è stata questa porta? L’utero appunto.
Si è fatto carne dallo spirito santo e da Maria. La natura umana poteva crearla ex novo.
«Questo atto di misericordia– sottolinea Crisologo- rappresenta la grazia di Dio, la sua elezione di diventare carne per elevare e santificare l’umanità».
«E’ un fiore che nasce dalla terra ma illuso capo è in cielo e il suo dio nasce dall’utero, verginale con parto indolore e senza pianto».
«Non ci sforziamo di spiegare l’ineffabile mistero della virginea gestazione.
Nessuno sia atterrito dal parto dove la verginità concepisce e l’integrità partorisce c’è la consapevole potenza di Dio. Spirito del signore verrà su di te e la potenza dell’altissimo», dichiara.
Stupende queste parole, pronunciate nel 421 d.C. Esse continuano a trasmettere la potenza e la profondità del mistero della Natività, offrendo un invito alla riflessione e alla contemplazione della grandezza di Cristo, nato da una madre vergine per donare agli uomini la grazia della divinità.
Poi, tornando sulla parola utero declama «Gesù si rinnova nell’umanità è nato non per se ma per noi. Era già nato prima dell’umanità. Siate illuminati e i vostri volti non si vergogneranno».
Ciò che si compie in Maria è infatti divino e umano . «Non è mai nuda la verginità, che adorna del velo eterno del suo pudore» .
Insomma, a Maria, con il parto “in utero”, non è stata tolta bensì consacrata la verginità. Da lei è nato lo sposo, il custode del suo pudore.
La verginità di Maria
Il Crisologo esalta inoltre la castità di Maria e la sua purezza come madre vergine, sottolineando il suo servizio devoto nel partorire il Verbo divino. Maria è sia vergine, concependo la divinità, sia madre, accogliendo la natura umana di Cristo. Questa dualità divino-umana è un mistero che supera l’intelletto umano.
«Maria offre un servizio fedele: puerpera, ma vergine vergine ma madre», prosegue il Crisologo.
Vergine e madre: vergine perché partorisce la persona del Verbo, madre perché c’è stata l’assunzione della natura umana
Queste due parole: vergine e madre, sono pazzesche…
Crisologo aggiunge poi che tutte le virtù furono presenti nel parto di Maria «Sono presenti la santa, la sincerità, la pudicizia, la castità, l’integrità, la fede e insieme si trovano in lei tutte le virtù cosi da portare, lei serva del signore intrepida, nel suo utero il creatore e dovendo partorire la potenza del cielo, vincitrice, ignorò il dolore e il pianto». Ignorò dolore e pianto… L’assenza del dolore attesta oltre la divinità dell’evento la cancellazione del peccato originale e delle sue conseguenze.
«Beata la fecondità che teme l’onore della maternità e non perdette il privilegio della castità».
Infine, l’ultima perla del vescovo di Ravenna: «Cristo dunque alla sua nascita non trovò posto nell’albergo. Lui per opera del quale ogni posto è stato creato (bambino creatore n.d.r) e per farci cittadini della patria celeste nasce come straniero colui che è signore di tutta la terra. È avvolto in fasce per reintegrare nel suo corpo l’unità divisa del genere umano e portare nei regni celesti l’intera veste dell’immortalità fulgida del colore purpureo del suo sangue». Cosa significa?
Nasce per migliorare la stessa natura che il primo uomo aveva corrotto. Giace in fasce ma regna nei cieli, si umilia in una culla ma tuona tra le nubi. E’ deposto in una mangiatoia perché è uomo in carne e ossa e nasce da una vergine piena di ogni virtù.
Il legame tra Natività e la Pasqua della resurrezione
L’omelia prosegue con un legame tra la Natività e la Pasqua, ponendo l’accento sulle connessioni profonde tra l’eucarestia e il mistero del Natale. Il simbolismo della mangiatoia si lega alla trasformazione del pane in corpo celeste, permettendo ai credenti di accedere alla vita eterna attraverso il cibo divino.
«Questa è l’erba il cui fiore si trasforma in pane del cielo mangiando quale giungiamo alla vita eterna».
Note sul Crisologo
Nato presumibilmente intorno al 380 a Imola, Pietro Crisologo venne introdotto alla vita cristiana e ordinato diacono da Cornelio, vescovo di Imola. Pietro, poi eletto vescovo di Ravenna tra il 424 e il 429, è stato il primo vescovo metropolita della città proveniente da una non orientale.
Fonte foto: archivio InLibertà
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