Vaccaro: ombre sulla sentenza del Pg Miller, di recente indagato per i legami con la P3

vaccaroLatina. Il Processo sull’omicidio del giovane Matteo Vaccaro, avvenuto il 31 gennaio 2011, assume contorni inquietanti, non fosse altro che nell’udienza del 15 maggio scorso, il ragazzo è stato definito “violento e tossicodipendente”, passando così dal ruolo di vittima premeditata a quella di vittima un regolamento di conti. “Si sono fronteggiate due bande”, ha dichiarato il Pg, scavalcando con una tesi “estensiva”, l’impostazione dei colleghi di Latina.

Ripercorriamo brevemente i fatti. Matteo, a seguito di una lite con dei balordi che arrecavano disturbo nel suo locale e avevano offeso pesantemente la sorella e la madre, era stato invitato, assieme al fratello Alberto, a chiarire la vicenda presso il Parco Europa di Latina. All’appuntamento si erano presentati in sette e senza avere il tempo di accorgersene, Matteo era stato colpito a morte da uno di essi, mentre la pistola che avrebbe dovuto uccidere il fratello si era inceppata miracolosamente.

Uno dei giovani, Paolo Peruzzi, condannato per l’omicidio, dopo una prognosi medica che evidenziava l’impossibilità a sostenere il carcere, era evaso dagli arresti domiciliari e, dopo sette mesi di latitanza, è stato da poco nuovamente catturato e ricondotto in prigione, per la felicità di chi crede ancora nella giustizia. Almeno fino a quando la sentenza dell’appello in Assise ha fatto crollare questo castello di sabbia.

Matteo, definito da genitori e amici, figlio e studente modello, è stato dipinto non solo come un ragazzo riottoso, per il solo fatto di aver difeso la sua famiglia, ma anche ” tossicodipendente” , aggettivo privo di qualsiasi fondamento riscontrabile.

Ciò che tuttavia desta scalpore è che a pronunciare tale sentenza sia un magistrato ben noto alla giustizia: l’ex capo degli ispettori di Via Arenula Arcibaldo Miller, iscritto nel registro degli indagati per l’inchiesta della Procura di Roma sulla P3, grazie alle rivelazioni dell’imprenditore Arcangelo Martino, ex assessore socialista. Miller ha analizzato i fatti con un’esasperante freddezza, decontestualizzando l’accaduto, tanto da far suscitare dubbi sulla sua condotta e sulle sue antiche collusioni, almeno a detta dei sostenitori della famiglia Vaccaro.

Miller, ha confermato infatti la sentenza pronunciata dalla Corte d’Assise di Latina,del 15 luglio scorso, ma ha stravolto le prospettive, arrivando in ultima analisi ad accusare di falsa testimonianza Alberto Vaccaro, fratello della vittima, il quale aveva dapprima dichiarato che il fratello possedeva una scacciacani, per poi ritrattare il tutto. Anche se tale confessione sembrerebbe essere stata estorta al ragazzo dopo una notte in questura e a seguito di pressioni dall’alto.

A questo punto utile ricordare qualche dato sciorinato da Martino su Miller ed altri personaggi. L’imprenditore avrebbe spiegato ai pm, fra le varie cose, il suo ruolo nel “gruppo di potere occulto” della P3 e rivelato che il nome in codice “Cesare”, che si sente durante le intercettazioni si riferirebbe a Silvio Berlusconi, mentre quello di “vice-Cesare” farebbe riferimento all’ex senatore del Pdl Marcello Dell’Utri. Tra i nomi eccellenti, pure quello del coordinatore Pdl Denis Verdini, l’ex sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino e il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo.

Fulcro delle riunioni fra i vertici presso l’abitazione di Verdini, sarebbero state: il destino del Lodo Alfano alla Corte costituzionale e la causa milionaria tra la Mondadori e lo Stato, oltre alle compravendite di voti in Senato per far cadere il governo Prodi. Per tali motivi, Arcibaldo Miller, dopo anni di giuda dell’ispettorato del ministero della Giustizia, aveva dovuto abbandonare il prestigioso incarico, almeno fino a quando l’allora ministro di giustizia Paola Severino, con il benestare del Csm, ne aveva disposto il reintegro.

Nonostante le ombre, lo scorso giugno il plenum del Csm aveva pertanto disposto l’archiviazione del fascicolo, almeno per la sua posizione di fuori ruolo e dunque per l’impossibilità di avviare una procedura di trasferimento d’ufficio per incompatibilità, anche se aveva affidato alla terza Commissione di Palazzo dei Marescialli, il compito di verificare se tale provvedimento potesse in qualche modo essere attuato.

Da quel momento, Miller, dopo aver impugnato presso il Tar la delibera del Csm è tornato a fare il magistrato presso la procura generale di Roma.

di Simona Mazza

foto: ilmessaggero.it

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.