Non tutti sanno che nella notte tra il 30 aprile ed il 1° maggio, data perfettamente opposta all’omologa festa magica di Halloween che si celebra nella notte tra il 31ottobre e il 1° novembre, si accendono i falò della divinità celtica Valpurga per scacciare gli spiriti maligni, come da antico culto nordeuropeo che riporta alla celebrazione pagana della primavera.
In questo simbolico passaggio che segna la fine definitiva dell’inverno e il transito solare alla bella stagione, da sempre i popolani si riuniscono per festeggiare l’arrivo di maggio, passando la notte a danzare sfrenatamente al ritmo di corni intorno al fuoco purificatore, invocando la Grande Madre della Fertilità.
Chi era Valpurga?
Santa, fata o strega buona?
Nel tentativo di cristianizzare le feste pagane, verso la fine dell’VIII secolo la Chiesa fece riconoscere – se pur appartenente al culto celtico di Belthane – la festività dedicata a Santa Valpurga di Heidenheim, che fu una badessa dell’epoca e che sostituì, per l’appunto, la figura pagana della suddetta Grande Madre.
Sembra poi che Santa Valpurga avesse il preciso compito di esorcizzare un’atavica paura diffusa nella zona secondo la quale, durante questa “magica notte”, le streghe, i demoni e gli spiriti lasciavano i loro nascondigli per andare a danzare intorno al falò insieme alla gente: grazie alla veglia della santa, si sperava che i dèmoni tornassero negli inferi.
Nel “vecchio mondo”, fino al XVII secolo, si credeva che le streghe si radunassero “in sabba” in cima al nebbioso Monte Brocken (che è il più alto della catena di Harz in Germania) per confezionare “malocchi” da destinare ai malcapitati. A tutt’oggi ancora esiste il “sentiero delle streghe” che attraversa il monte e lungo il quale si incontrano sagome femminili inquietanti e con nomi orribili che scrutano le rocce; ecco perché, negli anni, si cominciò a parlare della “Notte delle Streghe”, ovvero la Walpurgisnacht o Hexennacht.
Questa “gloria” oscura, mistica e tenebrosa del Monte Brocken risale al IX-X secolo, ovvero al tempo in cui in Germania regnava l’Inquisizione che bruciava sul rogo i cristiani accusati di stregoneria. Parebbe che la zona sia ancora frequentata da maghi e occultisti.
In campo letterario
Il mito è stato reso celebre da due grandi scrittori tedeschi.
Il primo, Johann Wolfgang von Goethe, nel suo Faust ha dedicato un paio di scene alla Notte di Valpurga: una con Mefistofele che conduce l’alchimista Faust a celebrare il sabba in un’atmosfera orrorifica e stregonesca; l’altra, più altolocata, si svolge in una festa con invitati corrispondenti a figure classiche greche, ove svetta Elena di Troia rappresentata come oggetto del desiderio dello stesso Faust.
Il secondo, Thomas Mann, nella sua Montagna Incantata, parla diffusamente di streghe al punto di intitolare proprio “La notte di Valpurga” uno dei capitoli di questo complesso romanzo filosofico che gli valse il premio Nobel per la Letteratura nel 1929.
E anche l’esoterista austriaco Gustav Meyrink, nel suo omonimo romanzo “La notte di Valpurga” del 1918, fa apparire la festività di cui si parla come metafora della dissolvenza dell’Impero Asburgico.
Questa festa poco conosciuta ha rivestito una grande importanza per i concetti di rinnovamento e fertilità, proprio perché in antitesi con la festa di Ognissanti, ovvero la celebre Halloween che è la notte in cui i malefici sono più potenti ma anche la stessa in cui si possono assorbire la forza e il potere per rigenerarsi, purificandosi attraverso il respingimento delle negatività.
E quindi, perché non approfittare di questa magica occasione notturna, compatibilmente con la normativa vigente, per dare al rogo le sterpaglie di orti e giardini e riproporre questo rito propiziatorio per riflettere e festeggiare?
Di questi tempi, un po’ di positiva magia bianca non può guastare ma solo favorire il buonumore di tutti.
Foto di cocoparisienne da Pixabay
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