La polemica è divampata sulla liberazione delle due cooperanti, Vanessa Marzullo e Greta Ramelli. Sui social network i commenti della maggioranza dei lettori sono stati negativi, ponendo l’accento sul fatto che le due ragazze fossero finite volontariamente in una zona di guerra, e quindi ne avrebbero dovuto pagare le conseguenze.
Un dibattito privo di contenuti come da molto tempo si assiste in Italia, incentrato sulla domanda se il Governo dovesse pagare o no un riscatto, lasciandole al loro destino, forse la morte, oppure cercare di fare in modo che potessero tornare a casa.
Certo una scelta difficile. Lasciandole in mano ai rapitori, il Governo sarebbe stato accusato di crudeltà, cercando di liberarle di aver chinato la testa davanti al terrorismo. Per fortuna la vita umana per noi ha ancora un valore. La nostra società civile non è il Colosseo, dove la vita di qualcuno dipendeva da un pollice alzato o abbassato, e quindi si è optato per la loro salvezza. In molti si chiedono cosa siano andate a fare due ragazzine in luoghi di guerra e chi le abbia mandate.
Su questa punto concordiamo con le perplessità, di molti, considerando, che come sembra la loro attività si è svolta attraversando il confine tra la Turchia e la Siria in maniera clandestina. Hanno affermato di lavorare una “organizzazione di aiuto umanitario”, chiamata “Horryaty”, evidentemente schierata con il movimento, che aveva iniziato prima pacificamente e poi con le armi, il “Free Syrian Army”, combattere il Presidente siriano Assad.
La vicenda comunque ha di nuovo portato all’attenzione il ruolo delle Organizzazioni Umanitarie. Il ruolo delle Agenzia Non Governative, (NGO) è sempre più preponderante, non solo per quanto riguarda gli interventi di supporto in tema di sviluppo economico, assistenza sanitaria, ricostruzioni ecc, ma anche come intervento umanitario nelle zone interessate da grandi calamità naturali, o da eventi bellici.
Nelle situazioni di conflitto aperto, le azioni predisposte sono generalmente di carattere umanitario. L’assistenza umanitaria, per vari motivi, a cominciare proprio dalla sua natura emergenziale e dal bisogno di intervenire in maniera rapida, se non è accuratamente organizzata, rischia di divenire uno strumento di ulteriore scontro, proprio per il bisogno di accaparrarsi degli aiuti da parte di gruppi, bande o signori della guerra.
Infatti, se le fazioni contendenti riescono a controllare il flusso di aiuti, questo aumenta il loro potere nei confronti delle popolazioni, dei rifugiati, e sui gruppi di opposizione indeboliti dalla mancanza di risorse.
I termini “umanitario” o “cooperazione internazionale”, di per sé, non sono sufficienti a garantire la “neutralità” perché anche interventi come costituzione di un centro di distribuzione di aiuti o la costruzione di un ospedale, in determinati contesti possono acquisire anche un valore “politico” e di potere.
C’è un secondo aspetto che va considerato. Il rapporto che hanno le NGO con i governi dei paesi di provenienza. Molte NGO sono direttamente o indirettamente finanziate, dai governi, da “lobbies” anche mediante donazioni, campagne di sostegno ecc. e la loro presenza in aree di conflitto le rende oggettivamente “fonte” di informazione e di penetrazione nelle aree di intervento.
Operare in una zona di guerra, è un’attività pericolosa ed estremamente complessa, che richiede non solo competenza ed esperienza ma anche un continuo lavoro di negoziazione con le parti in conflitto e un rigoroso sistema di procedure di sicurezza. Il mondo umanitario è pieno di volontari che si mettono a disposizione, e giustamente scelgono di lavorare nel quadro di progetti organizzati professionalmente.
E qui torniamo alle nostre due cooperanti. Non le si può accusare per il loro impegno umanitario, quanto invece la loro inesperienza. Il ruolo di chi le ha inviate, in Siria, uno strano personaggio di nome Roberto Andervill, un fabbro di 46 anni che, dichiara di essere aver studiato alla “scuola della vita” non è assolutamente chiaro. Trapela il fatto che il loro invio sia stato organizzato dagli oppositori siriani al regime Assad, residenti in Italia con contatti nelle zone di guerra.
Quindi loro si sono mosse nel modo peggiore per un chi vuole operare in un contesto di aiuti umanitari in zone di guerra. Quello di schierarsi con una delle parti in lotta. Visto il contesto, nulla vieta che, ad aver organizzato il loro sequestro siano gli stessi che le hanno portate in Siria. Non crediamo assolutamente che la cifra pagata sia quella che raccontata sui giornali.
La notizia del pagamento e della cifra proviene da una televisione araba, c’è stato un l’interesse specifico di far uscire una tale notizia seppur non confermata? Sicuramente la polemica andrà avanti, la macchina del fango è in movimento e in questi casi la verità si allontana.
di Gianfranco Marullo
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