Secondo articolo di critica letteraria nell’ambito della retrospettiva di agosto dedicata a Carlo Cassola per la rubrica Viaggio nel Racconto Italiano del Novecento.
Carlo Cassola: L’inizio di una nuova vita
L’iniziale approccio di Cassola con i racconti risale alla seconda metà degli anni Trenta; la sua attività di romanziere, invece, parte dagli anni Cinquanta. Lo iato si spiega, forse, con quello che il racconto ha rappresentato nella vita letteraria di Cassola: una linea di partenza verso i suoi romanzi. Il racconto di Cassola è quasi sempre una vicenda che presenta elementi da sviluppare, quasi uno sguardo al futuro, una premessa; spesso vi abbozza personaggi che diverranno protagonisti di opere successive.
E’ ciò che accade ne L’inizio di una nuova vita, dove, per la prima volta, incontriamo Fausto ed Anna, i protagonisti dell’omonimo romanzo del 1952.
La storia è totalmente incapsulata nell’animo di Fausto, il quale, dopo le vacanze estive a Volterra, tornato a Roma prima dei genitori per aver ricevuto la cartolina dell’adunanza premilitare davanti ai capi-manipolo fascisti, decide che, dall’indomani, cambierà vita e, quasi prigioniero di questa decisione, si prepara a vedere sorgere un sole nuovo.
Ad ispirare questa vicenda è la vita che Cassola inizia approcciando il fascismo, o quella che vive abbandonandolo? Le ondivaghe idee del suo Fausto sembrano rispecchiare entrambe le esperienze. Del resto è fin troppo ingenuo cedere alla tentazione di ritenere autobiografica un’opera che non è tale. Ricordo una domanda che feci a Moravia nel corso di una sua conferenza all’università di Roma: quanto di lei c’è nei suoi personaggi? Lui mi guardò con indulgenza e mi rispose: “Tutto e niente”. Con il tempo, iniziando a scrivere libri, capii a fondo quella verità: ogni forma d’arte è espressione dell’artista ma anche riflesso di un mondo a lui estraneo che filtra attraverso i suoi occhi.
Torniamo al racconto.
Il progetto di Fausto prende corpo realmente quando lo comunica ad Anna, di cui è innamorato. E’ il vecchio adagio in base al quale le cose prendono ad esistere quando gli si dà un nome. Ce lo dice anche la Bibbia.
“Questa è l’ultima sigaretta che fumo”
“Come mai?” gli aveva chiesto Anna.
“Perché da domani ho deciso di smettere di fumare”
Anna lo aveva guardato interrogativamente, ed egli aveva aggiunto “Perché da domani voglio cominciare una nuova vita”
Giunge finalmente il giorno successivo, il primo giorno della sua nuova vita. Fausto deve fronteggiare tre avvenimenti importanti: il primo è la lenta presa di coscienza d’essere innamorato di Anna, il secondo è l’adunanza premilitare ed il terzo, di cui accenna quasi in sordina, riguarda la sua aspirazione a diventare uno scrittore.
Non sembrano grandi eventi, dopo tutto; piuttosto sogni di ragazzo. Ma dovrebbe essere l’attenzione di Cassola alla vita del singolo a renderli tali. Invece non è così. Egli scrive questo racconto nel mero tentativo mal riuscito di universalizzare la piccola quotidianità, raccontando, attraverso essa, i tempi in cui vive, ed elaborando una felicità intima, fatta di piccole cose: un raggio di sole, un profumo, una sensazione, un progetto. Il rischio che corre ed in cui fatalmente cade è focalizzare l’attenzione sul particolare senza l’energia di penetrarlo: un raggio di sole resta solo un raggio di sole se chi scrive non riesce a calarlo in una storia, in un contesto dal quale acquisire un significato. Pirandello, nei Sei personaggi afferma che un fatto è come un sacco: vuoto non sta in piedi; perché prenda consistenza bisogna riempirlo con tutte le ragioni che lo sostengono. Vale nella vita come nell’arte, peccato che Cassola non sempre se ne renda conto.
Affacciato alla finestra, Fausto assapora il profilo della sua città: ogni cosa sembra renderlo felice. Poi si avvede che c’è qualcosa di nuovo e di penetrante, nella sua felicità. C’è l’amore. Osserva di nuovo, dunque, quanto appena osservato e lo confonde con la donna amata.
“Il sole era sotto la balza del cornicione, e la balza del cornicione ancora lambita dal sole era Anna. Ed erano Anna i panni tesi ad asciugare, e la curiosa torretta che sembrava qulla di una nave, ed il cielo chiaro soffuso della dolce luce della sera, ed il brusio che saliva dalla strada: tutto era consapevole di Anna, tutto era Anna!”
La premilitare è fissata alle tre. Ha un’aria svagata. Forse i suoi pensieri sull’amore ancora non lo abbandonano, o, forse, è la convinzione di aver iniziato una vita nuova a renderlo distaccato da ogni contesto. Mostra maggiore coraggio e risolutezza rispetto al passato, ossia alla sua vita del giorno prima.
Terminata l’adunanza, torna verso casa guardandosi intorno con gli occhi di chi vive per la prima volta. Dal cinema Ottaviano, dove un suo compagno di adunanza si ferma per assistere alla rappresentazione de I Miserabili, giunge a Monte Mario e lì si ferma a riflettere.
L’oggetto dei suoi pensieri, ora, è Ferruccio, il suo migliore amico: ateo, antiborghese ed anarchico come lui, o, quanto meno, come il lui precedente, il lui di ieri, quello ancora lontano dalla “nuova vita”. Hanno sempre avuto molto in comune, non ultimo un sano distacco dalle cose che accadono intorno a loro.
Qui traspare l’esperienza letteraria che Cassola fa con i novisti di Zangrandi e Vittorio Mussolini; il suo attaccamento a quella congrega che ha un carattere essenzialmente culturale, fino a che non si rende conto che c’è dell’altro: gli ideali che egli crede di condividere in amicizia non sono suoi, non tutti quanto meno, e la consapevolezza del distacco coincide con la consapevolezza della fine di quelle amicizie.
Ebbene, questa esperienza trova spazio nel suo racconto:
“E Fausto pensò con preoccupazione ai suoi futuri rapporti con Ferruccio. Perché certo Ferruccio avrebbe voluto riprendere con lui la polemica antiborghese, i discorsi di religione, di filosofia e di politica. Ferruccio sicuramente era rimasto ateo, antiborghese, anarchico. […] Era strano, però. Solo ora si accorgeva che non avrebbe più potuto riprendere a stare con Ferruccio. Ed invece, gli ultimi giorni che era a Volterra, quando lo aveva ripreso il desiderio di tornare a Roma, Roma significava sì, per lui, l’inizio di una nuova vita, ma in questa nuova vita c’era anche Ferruccio”.
Lasciando cadere Ferruccio in un oblio che il lettore può solo immaginare, tanto è repentino l’abbandono del discorso e la scomparsa di quel nome, Fausto torna a pensare ad Anna. Ecco il flusso dei pensieri che si muovono sull’onda dei sentimenti. Ripensa ai romanzi che ha letto in quell’estate, romanzi dove amore e passione si intrecciano. E’ davvero quello che prova per Anna? L’idea di fare lo scrittore si affaccia prepotentemente. Sì, avrebbe scritto anche lui; avrebbe fatto il romanziere ed avrebbe riposto Anna in ogni luogo dell’animo dei suoi personaggi, ma a muoverlo non sarebbe stato quell’amore travolgente che aveva sino ad allora letto nelle opere altrui, bensì un amore virginale, profondo e distaccato al contempo. L’amor cortese per una Musa, forse.
Su questo dubbio che assomiglia molto ad una certezza cade il punto conclusivo. Improvvisamente. E la mancanza di intensità di un simile sentimento è esattamente ciò che resta nel lettore dopo questo racconto.
di Raffaella Bonsignori
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