La frequenza delle violenze in ambito domestico, è tale da rendere inevitabile che un operatore sanitario, incontri nella sua vita professionale, una o più donne che hanno subito violenza.
Stupisce perciò il dato emerso “dall’Indagine sui medici ed operatori socio-sanitari di Bologna, in merito alla valutazione del problema della violenza sulle donne” (Gonzo 2000).
La maggior parte degli operatori intervistati affermò di non aver mai incontrato donne vittime di violenza domestica nella propria attività professionale, quando negli stessi anni (dal 1990 al 1996) ben 1854 donne si erano rivolte alla “Casa delle donne” di Bologna.
Più recentemente (2003) in una ricerca condotta su 190 medici di famiglia a Roma (in collaborazione con la Federazione Italiana Medici di Medicina Generale) ben il 34% degli intervistati non ha mai avuto la sensazione di avere di fronte una donna vittima di violenza. Eppure i Medici di Famiglia, avendo rapporti costanti con i componenti della famiglia dovrebbe essere il soggetto privilegiato ad intercettare segni e sintomi della Violenza!
Che cosa impedisce agli operatori sanitari di riconoscere le vittime identificando i segni diretti ed indiretti della violenza?
Va premesso che la vittima di violenza non vuole essere riconosciuta e quindi, mette in atto una serie di strategie di copertura per la sua sintomatologia che vanno dal racconto fuorviante dell’evento acuto (se si rivolge al medico per lesioni evidenti) ad alibi comportamentali (se giunge alla sua osservazione per sintomi subdoli riguardanti l’apparato gastroenterico, neurologico, cutaneo) e questo atteggiamento, ne rende difficile l’identificazione
Va però anche detto che la stragrande maggioranza dei medici non riconosce la violenza contro le donne come un problema sanitario. Né l’università, prima della laurea, e le aziende sanitarie dopo l’inserimento lavorativo, si adoperano ad organizzare incontri informativi e/o formativi sull’argomento. In alcuni territori alcuni corsi sono stati organizzati dai Centri antiviolenza locali e non essendo obbligatori hanno coinvolto un piccolo numero di operatori.
Eppure ad Instabul nel 2011 è stata stipulata una Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica che dice << Fondamentale è anche il riconoscimento del fenomeno violenza da parte degli operatori presenti sul territorio che possono venire in contatto con le vittime di violenza e maltrattamento in qualsiasi ambito sociale e professionale, che devono essere in grado di orientare la vittima sui servizi presenti sul territorio e conoscere e attivare la rete operativa territoriale.>>
Ma dopo tale convenzione(che probabilmente sarà stata organizzata di Sabato) il Lunedì è trascorso silente.
di Rosa Pedale
[…] Violenza domestica, spesso non viene riconosciuta nemmeno dagli operatori sanitari […]