Virginia Woolf e una stanza tutta per noi

ccb632f0-92af-46b1-a95e-c490890df9ca“Una donna deve avere soldi e una stanza tutta per sé per poter scrivere.”

In questo modo Virginia Woolf intendeva comunicarci che per una donna basta poco per scrivere, così come basta poco per vivere. Ma se al tempo era difficile – per una donna – procurarsi le necessità materiali, ancora più difficile era avvicinarsi alle condizioni ideologiche favorevoli.

Adeline Virginia Stephen Woolf nasce a Londra il 25 gennaio 1882. Cresce con tutti i benefici possibili, nonostante l’educazione vittoriana le impedisca di frequentare istituti scolastici; studia in casa, aiutata dalla madre che le impartisce lezioni di latino e francese, mentre il padre le permette di attingere alla sua enorme biblioteca e di partecipare ai pomeriggi in compagnia delle grandi personalità che frequentavano casa Stephen, come T.S. Eliot, Lewes e molti altri. Dal 1895 ha inizio una serie di lutti familiari che porteranno successivamente al crollo psichico di Virginia: all’inizio la morte della madre, quella della sorellastra e, infine, la morte del padre. La mancanza delle figure genitoriali comporta uno scombussolamento dell’ordinario in casa Stephen, tanto che, secondo il romanzo autobiografico Momenti di essere e altri racconti, Virginia e la sorella Vanessa subiscono abusi sessuali da parte dei fratellastri George e Gerald. Questo terribile avvenimento, sommato alle numerose perdite, segnerà per sempre la natura emotiva della scrittrice, tanto da portarla a vari tentativi di suicidio, l’ultimo dei quali andrà a compimento (1941).

Si trasferisce a Bloomsbury con i fratelli Thoby e Vanessa; qui dà vita al famoso e omonimo Bloomsbury Set (che sarà fonte di grande ispirazione per la letteratura inglese dei successivi trent’anni), grande influenza nella letteratura inglese per i successivi trent’anni. Virginia, stimolata da questo clima intellettuale, inizia a dare ripetizioni serali a giovani operaie avvicinandosi in questo modo al mondo delle suffragette.

Se da una parte continua la stesura dei suoi romanzi, dall’altra diventa attivista di movimenti femministi per il suffragio femminile e si sofferma più e più volte sulla condizione delle donne, come ad esempio nel suo famoso saggio Una Stanza tutta per sé (1929). In questo, la Woolf tratta il pesante tema della discriminazione delle donne, percorrendo la loro storia all’interno della letteratura e molto spesso appellandosi ad esse: “Avete idea di quanti libri si scrivono sulle donne in un anno? Avete idea di quanti sono scritti da uomini? Sapete di essere l’animale forse più discusso dell’universo?”.

Virginia si interroga sul perché la donna descritta nei romanzi e la donna della realtà vengano trattate in maniera così differente e, durante le sue argomentazioni, non evita di accusare le stesse donne, che, secondo lei, avrebbero parte della colpa della loro condizione.

“Le donne hanno illuminato come fiaccole le opere di tutti i poeti dal principio dei tempi. […] I nomi si affollano alla mente, e non richiamano l’idea di donne mancanti “di personalità e di carattere”. Infatti, se la donna non avesse altra esistenza che nella letteratura maschile, la si immaginerebbe una persona di estrema importanza, molto varia; eroica e meschina, splendida e sordida; infinitamente bella ed estremamente odiosa, grande come l’uomo, e, pensano alcuni, anche più grande. Ma questa è la donna nella letteratura. Nella realtà […] veniva rinchiusa, picchiata e malmenata. Ne emerge un essere molto strano e composito. Immaginativamente, ha un’importanza enorme; praticamente, è del tutto insignificante. Pervade la poesia, da una copertina all’altra; è quasi assente dalla storia. Nella letteratura, domina la vita dei re e dei conquistatori; nella realtà, era la schiava di qualunque ragazzo i cui genitori le avessero messo a forza un anello al dito. Dalle sue labbra escono alcune tra le parole più ispirate, alcuni tra i pensieri più profondi della letteratura; nella vita reale non sapeva quasi leggere, scriveva a malapena, ed era proprietà del marito.”

Questi sono solo alcuni dei pensieri di una grande donna vissuta tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento. Virginia Woolf ci insegna che essere all’avanguardia vuol dire soprattutto essere consapevoli della realtà che ci circonda e, se quello che vediamo non ci soddisfa, dare una scossa al sistema con la sola arma della parola.

di Claudia Castaldo

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