E’ veramente cosa ardua parlare di Watchmen, lavoro scaturito dalla mente geniale di Alan Moore, tra i massimi esponenti del mondo dei comics (fumetti), tra il 1986 e il 1987… è un po’ come recensire “La Divina Commedia” parlando del suo significato nella storia della letteratura, oppure del “Canzoniere” di Petrarca in un ipotetico discorso sulla storia della poesia. Il paragone è azzardato? Forse. Ma è utile solo a capire che come per le opere che ho appena citato, nella storia del fumetto mondiale esiste un “prima di Watchmen” e un “dopo Watchmen”: si tratta di una storia che ha segnato, nel bene e nel male, lo spartiacque tra il precedente, glorioso, ma ormai antiquato, modo di intendere i fumetti (specialmente quelli super-eroistici) e quello nuovo, rivoluzionario e innovativo. Ma andiamo con ordine. La trama: siamo in un 1985 alternativo e la Guerra Fredda è ancora pienamente in atto, al punto tale che la Terra è sull’orlo di una guerra nucleare. La storia si è evoluta in un senso diverso e Richard Nixon è al suo quarto mandato presidenziale, mentre gli Stati Uniti sono usciti vincitori dalla guerra in Vietnam. Inoltre i supereroi sono una realtà con cui il mondo deve fare i conti e uno di essi, l’unico con veri superpoteri, garantisce la supremazia americana sul piano bellico nei confronti della pur sempre temibile potenza sovietica. In questo clima apocalittico da fine del mondo, gli eventi ruoteranno attorno al destino di alcuni di questi superuomini, intorno al loro passato e ad un segreto che potrebbe cambiare le sorti del genere umano. Aldilà della trama, comunque congegnata in maniera pressoché perfetta, con strutture narrative ricche di simmetrie, parallelismi, citazioni dal mondo del fumetto, richiami a questioni filosofiche come il determinismo, il libero arbitrio e il nodo gordiano, oltre a raffinati meccanismi di meta-racconto, aldilà di tutto ciò il merito più grande dell’opera è forse quello di ribaltare il punto di vista comune sulle figure dei supereroi per presentarli in una veste e in un contesto assolutamente “fuori norma”: si tratta di uomini privi di poteri straordinari, invecchiati, giunti al tramonto della loro fulgida carriera, spesso colti nella loro semplice quotidianità, nelle loro idiosincrasie, nella loro terribile normalità, spesso ormai dimenticati dalla società e anzi, in alcuni casi, perseguitati. Sono figure dolenti, problematiche, insomma molto lontane dagli stereotipi a cui il mondo dei fumetti era abituato fino ad allora e a cui il pubblico faceva riferimento. Con Watchmen si è così attuata una vera e propria rivoluzione copernicana del medium: il fumetto ha acquisito uno spessore fino ad allora quasi sconosciuto, una profondità di pensiero e di ritratto impensabile e una capacità di parlare ad un pubblico ancora più vasto, diversificato ed esigente di quanto non fosse stato fino ad allora. E sebbene quest’opera abbia incontrato anche forti detrattori e naturalmente legittime critiche, resta pur sempre, anche a distanza di decenni, una delle massime espressioni del fumetto contemporaneo, aprendo questo mondo a nuove possibilità, raggiungendo un valore storico, almeno questo, assolutamente indiscutibile.
Simone Di Conza
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