WTO: l’ingresso della Cina è stato l’11 settembre dell’economia occidentale

WTO

WTO è l’acronimo di Organizzazione mondiale per il commercio. È stato creato per supervisionare gli accordi commerciali tra gli Stati membri. Sulla base dei principi della liberalizzazione del commercio e dei capitali, senza considerare le ricadute occupazionali. In pratica, non sono ammesse barriere doganali tra gli Stati membri, se non in casi eccezionali. In tal modo il WTO promuove la globalizzazione dell’economia.

Il primo effetto è stato quello di rendere inefficace l’Unione Europea, all’epoca CEE, mentre il WTO si chiamava GATT. La CEE infatti aveva eliminato qualsiasi barriera commerciale interna, mantenendole ai propri confini. In tal modo la produzione interna veniva “protetta” dalla concorrenza extraeuropea. Con l’ingresso nel GATT tale effetto protezionistico nei confronti della produzione interna è venuto meno. E se ne sono viste le conseguenze.

Ma l’effetto più deflagrante per l’economia mondiale è stato quando il WTO ha ammesso tra i suoi membri la Cina. Promotore principale il Presidente USA Bill Clinton. Anche se l’accordo è stato poi perfezionato sotto il suo successore George Bush jr. Era l’11 dicembre 2001, esattamente tre mesi dopo l’attacco alle torri gemelle. Secondo taluni, l’effetto per l’economia mondiale è stato altrettanto rovinoso.

Fu Bill Clinton a sostenere l’ingresso di Pechino nel WTO

Clinton scommise che l’Occidente, dopo il crollo del comunismo potesse utilizzare l’apertura dei mercati come strumento politico. Integrando la Cina nei circuiti economici e finanziari globali, come presupposto per la sua trasformazione politica. L’”ingenuo” Clinton – forse in altre faccende affaccendato – pensava che sarebbero state le imprese USA ad avvantaggiarsi. Conquistando l’immenso mercato cinese ed inondandolo con le sue merci. Invece è stato il contrario.

Alla Cina, infatti, si tollerò l’esistenza di enormi vantaggi competitivi. Come il costo del lavoro estremamente basso per l’assenza di sindacati a tutela dei diritti dei lavoratori. Si è inoltre chiuso gli occhi sul suo largo uso del dumping. Cioè l’imposizione di prezzi molto più alti all’interno e predatori all’estero per lo stesso tipo di prodotto messo in commercio.

Infine, si è pensato che la Cina – ringraziando del favore ottenuto – avrebbe anche liberalizzato le importazioni. Non tenendo conto che in Cina è il Partito Comunista che definisce ciò che si può comprare o meno all’estero.

Dall’adesione al WTO il commercio cinese è aumentato dell’810 %

Una scommessa clamorosamente persa, quella di Clinton, perché Pechino ha proseguito per la sua strada. Senza fornire alcuna concessione politica nei confronti delle liberal democrazie occidentali. Di più: l’adesione al WTO della Cina ha prodotto una trasformazione epocale ma in favore del colosso asiatico.

Dal 2001 al 2020 le esportazioni cinesi in Europa sono aumentate da 80 a 383 miliardi di euro. Negli Stati Uniti da 100 a 560 miliardi di dollari. Il Pil della Cina è cresciuto di otto volte e il volume degli scambi è aumentato di dieci volte. Secondo i dati del Fmi è sempre stato in crescita dal 2000, con un picco del 14,2% nel 2007. Il valore commerciale totale cinese è aumentato dell’810%, mentre la media mondiale “solo” del 180%.

D’altro canto, tra il 1999 e il 2011, gli Stati Uniti hanno perso quasi 6 milioni di posti di lavoro nell’industria manifatturiera. In sostanza, molto di quello che prima si produceva negli Stati Uniti è emigrato nelle fabbriche cinesi. Va detto, però, che a partire dal secondo quadriennio della Presidenza Obama, si è verificata una lenta ma progressiva inversione di tendenza.

Per l’Economia occidentale, perdita di posti di lavoro e di “prestigio” politico

Sul fronte europeo, nel 2009, la Cina ha superato la Germania per diventare il più grande esportatore mondiale. Ma, paradossalmente, secondo alcuni ricercatori dell’università di Stanford, l’Europa ha sofferto di meno degli USA.

Ci sarebbe stata infatti anche in Europa la chiusura di molte industrie manifatturiere. Le multinazionali avrebbero sì trasferito posti di lavoro non qualificato in Cina. Creando però posti di lavoro specializzato nei servizi, nel management, nelle vendite all’ingrosso, nella ricerca. In Italia, patria delle piccole e micro imprese, invece, tale fenomeno è stato trascurabile.

Dal punto di vista economico, quindi, l’ingresso della Cina nel WTO è stato disastroso. Ma dal punto di vista “politico” lo è stato, forse, ancora di più. Nel sud del Mondo è sorta la convinzione che il sistema liberaldemocratico occidentale non sia l’unico in grado di “distribuire le carte” del benessere economico. Per questo Iran, Russia e loro fornitori si sono sentiti autorizzati a “sfidare” le sanzioni economiche occidentali nei momenti di crisi politica. E i risultati – per ora – non sembrano dargli torto.

Foto di tookapic da Pixabay

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